Lo scorso sabato 22 febbraio i Maybe I’m, gli Amin Da Dà (ex Bokassà) e i War Children si sono incontrati sul palco del Ynot portando ad Avellino uno spaccato vivo e pulsante dell’underground rumoroso italiano. Alcuni di loro li abbiamo già incontrati, anche in formazioni alternative: Jacopo e Stefano degli Amin Da Dà sono gli Hysm?duo, mentre fra i War Children ci sono elementi degli Esercizi Base Per Le Cinque Dita, Poptones e Flying Vaginas. Non finisce qui: i gruppi di stasera sono fra “le punte” di tre squadre fortissime, ovvero le etichette indipendenti Lepers, HYSM? e MiaCameretta.
Doppio concerto, anzi triplo se consideriamo che si inizia con i pugliesi Amin Da Dà in solitaria (Jacopo, Solquest/Stefano e Superfreak/Giuseppe) con brani tratti da “Summit”: un misto di cannibalismo e afropunk. A loro poi si uniscono Nando e Antonio: i campani Maybe I’m (il loro “Homeless Ginga” è uno dei miei dischi preferiti in assoluto). Due batterie, due chitarre ed un basso che ci teletrasportano in un universo lisergico dalle tinte “vintage”. E se prima erano in tre a ballare l’alligalli, adesso sono in cinque! Il riferimento a Edoardo Vianello e ai suoi Watussi non è casuale, poiché Maybe I’m e Bokassà/Amin Da Dà hanno inciso uno split (in realtà più una fusione) dal nome Paraponziponzipò in cui ogni titolo corrisponde un verso della canzone in questione e l’energia pura del disco (un vinile giallissimo) esplode in un finale “bukkake di mosche”, con tanto di ronzio. Dietro ad una apparenza ludica, che comunque rappresenta in parte il loro approccio, c’è il richiamo africano di Fela Kuti e la follia di Frank Zappa. Ma questa è solo la prima metà di un evento, lasciatemelo dire, storico.
Salgono sul ring, anzi sul palco, I War Children da Frosinone, con il loro sound cupo e ipnotico. The Seer (chitarra e voce), The Son (basso e voce) e The Prophet (batteria) più un quarto elemento a rafforzare le percussioni, presentano “The rolling funerals”, disco che è stato registrato in tre giorni, in presa diretta, e che si apre con “Into the cavones”, una sorta di auto-presentazione in cui tutto è chiaro: un’invasione aliena porta sulla terra il suono “genuino” della guerra. Il loro è un concept in cui si vomita odio per il genere umano, per un dio-demonio e per la politica dei leccaculi. In quel “you’re not yourself” c’è il rifiuto dei condizionamenti sociali. “Siete ancora condannati a morte nel vostro quieto vivere” è un monito che lascia spazio soltanto ad un’imprecazione (“damn!”). Anche i War Chidren usano la metafora del cannibalismo, ma rispetto ai Maybe I’m + Amin Da Dà sono più apocalittici. In certi passaggi mi ricordano i Jesus Lizard per la ritmica ripetitiva, ma con l’aggiunta di urla deliranti e ossessive. La loro performance ci serve su un piatto d’argento “una catarsi distorsiva” con influenze che vanno dai Black Sabbath alla nuova ondata di gruppi della Sacred Bones come Pop. 1280 e Destruction Unit.
Ironici, visionari, lontani dalle mode del momento e dalla spocchia questi tre gruppi ci regalano una serata vibrante e sanguinolenta.
I Maybe I’m torneranno al Ynot il 28 marzo per presentare il nuovo disco “Bwa Kayiman“.
Amin Da dà + Maybe I’m LIVE
War Children
httpv://youtu.be/dL7jyxrhDl0
httpv://youtu.be/b-qekLqI-eU
Quest’opera di Radio Cometa Rossa è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 4.0 Internazionale.
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