TUXEDOMOON: NESSUN FUNERALE, L’AVANGUARDIA POSTPUNK-WAVE E’ ANCORA IN VITA.

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Napoli, 27.XI a.D. 2016

Report di Achille Benigni
Foto e video: Paolo “ossarotte” Spagnuolo

Domenica 27 novembre è andata in scena al Dual Beat di Pozzuoli – con la direzione artistica di Subculture Eventi –  una delle band di culto degli anni 80. Per celebrare il ritorno dei Tuxedomoon era difficile ipotizzare scenario migliore di un vecchio cinema in disuso dell’hinterland partenopeo (opportunamente riconvertito in discoteca/sala da concerto). Qui ogni cosa, dalla musica che esce dagli altoparlanti prima del concerto, al look di buona parte dei presenti, sembra evocare l’epopea dark-wave di quel decennio, quando la band di Steven Brown e Blaine L. Reininger emetteva i suoi primi vagiti elettronici in quel di San Francisco. In questa cornice la più europea delle band americane si presenta sul palco dinanzi ad un pubblico devoto e davvero molto numeroso nella storica formazione a quartetto (Steven Brown, voce, sax e tastiere; Blaine L. Raininger voce, chitarra, violino e sintetizzatori; Peter Principle, basso; Luc Van Lieshout, tromba, armonica e flicorno).

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Il live act dei Tuxedomoon, dedicato alla memoria di Bruce Geduldig (artista recentemente scomparso, che insieme a Winston Tong per anni ha incarnato la componente visuale/teatrale del gruppo) è incentrato sulla riproposizione integrale di Half-Mute/Scream With a View, il primo, per molti versi insuperato capolavoro della band, uscito ben trentasei anni fa e, a giudicare dagli esiti, invecchiato benissimo. La litania romatico-decadente di Nazca, il funk cibernetico di 59 to 1,

la frenesia violinistica di Tritone – con la sua sequenza vertiginosa fatta d’intervalli di quarta aumentata, che evocano suggestioni demoniache – mantengono intatto il loro fascino inquietante. Lo schema sonoro è quello classico: la pulsazione geometrica del basso di Principle, spesso rinforzata dal sequencer, imbastisce una trama ritmica sulla quale fraseggiano in modo ossessivo il violino o la chitarra di Reininger e il sax di Brown, doppiato dalla tromba/flicorno di Luc Van Lieshout. Il resto sono rarefazioni notturne, deliri pianistici avant-jazz, schegge impazzite di electro-wave, mentre sul fondale scorrono le immagini in bianco e nero di film d’essai. Questa scelta di offrire integralmente un classico come Half-Mute suggerisce una riflessione più ampia: in un’epoca come quella attuale, segnata dalla crisi irreversibile del mercato discografico, gli artisti più seri e preparati si rifugiano sempre più nella dimensione live, spesso dedicandosi al recupero filologico d’interi album. Il concerto “rock” finisce in tal modo per assumere una connotazione quasi “museale”, ma nel caso dei Tuxedomoon questo non sembra per niente un segno di debolezza, merito forse dell’atemporalità di una musica che suona moderna, oggi come allora.

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Nella parte finale del concerto c’è ancora spazio per qualche altro frammento della loro lunga carriera: un estratto da Desire (East/Jinx), Time to Lose, Muchos Colores (da Vapour Trails) e per due bis acclamati dal pubblico, che in verità ne vorrebbe ancora, ottenendo in risposta la macabra ironia di Reininger “Mi dispiace, devo andare via, mia madre mi chiama… mia madre è morta, mi chiama da molto lontano”. Da un altro mondo, quasi come la musica che abbiamo ascoltato.


Setlist:

Nazca
59 to 1
Fifth Column
Tritone
Loneliness
James Whale
What Use?
Volo Vivace
7 Years
KM/ Seeding the Clouds
East/Jinx 
Time to Lose
Muchos Colores

Encore:
Baron Brown
The Waltz

Ringraziamenti: SubCulture Underground-Wave Eventi nella persona di Agostino Giordano e Duel Beat per la gentile collaborazione.

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