Disorder 2016: il nostro report

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tutti i gruppi dell’Arena

DisorderIl Disorder conferma con l’edizione numero sei tutte le ottime premesse degli anni precedenti: la cura del dettaglio, la ricerca di band emergenti, la notevole proposta artistica indipendente, sempre in crescita, così come l’ospitalità, per un evento di levatura nazionale di quattro giorni (dal 18 al 21 agosto) intensi e carichi di meraviglie. Proiezioni, mercatini vintage, banchetti di dischi e ottimo cibo contribuiscono a rendere l’Arena Sant’Antonio di Eboli un vero gioiellino. Ogni sera viene inaugurata dallo spazio editoria – che, tra i tanti, ci ha permesso di conoscere il fumettista LRNZ, ovvero Lorenzo Ceccotti, e il giornalista Emanuele Martorelli, ideatore di Starmale – per proseguire con i concerti sul Main Stage e per finire con tanta musica elettronica a cura di dj e producer nell’Altrarea, fino a tardi. La proposta è così variegata che abbiamo deciso di concentrarci sul racconto di ciò che abbiamo visto e sentito sul palco principale.

Ogni sera ad aprire ci pensano i vincitori del contest che ormai ha raggiunto centinaia di partecipanti da tutta Italia. I primi in assoluto sono i Freudbox da Caserta, ovvero Andrea Giglio, Mariano Dello Stritto e Valerio De Stefano. La chitarra elettrica incontra un ambient disteso, punteggiato da testi sognanti e a tratti malinconici. Perfetti per colonne sonore, il loro brano “Us” è stato utilizzato per uno spot pubblicitario. Ascoltandoli mi tornano in mente gli Xiu Xiu e i Former Ghost per una determinata scelta stilistica minimalista ma diretta al tempo stesso.

La serata prosegue con gli Inude, duo di Lecce formato da Giacomo Greco e Flavio Paglialunga. La loro è un’elettronica raffinata che incontra il soul e l’r&b con atmosfere delicate e avvolgenti alla ricerca di un giusto equilibrio fra pop e sperimentazione. Si sente il tocco degli Aucan, infatti il loro ep “Love is in the eyes of the Animals” è stato mixato e masterizzato da Jo Ferliga. Notevole il pezzo “Man Down”, primo singolo estratto dell’ep e primo video della band che in soli due anni è riuscita a costruire un’identità molto definita.

Ora è la volta dei Pugile da Torino, gruppo prevalentemente strumentale ma con l’intervento sporadico di una voce asprigna, molto particolare, quella di Leo Leonardi, che si destreggia anche tra basso e synth. Insieme con Matteo Guerra alla batteria e Elia Pellegrino ai synth, il trio pone al centro della composizione la sperimentazione e l’improvvisazione, approdando così alla realizzazione dell’album Round Zero, un flusso magmatico che rompe gli argini di un’eventuale definizione univoca.

Nel cambio palco che precede l’esibizione finale, il festival dà spazio alla sezione Videotape con ospiti come Michael Frei la prima sera e Valeria Gaudieri, Martina Scarpelli e Viriginia Mori le successive.

Dulcis in fundo arrivano Francesco Carlucci, Davide Compagnoni e Luca Paiardi, ovvero gli Stearica, anche loro da Torino come i Pugile. Il loro percorso inizia nel 1997 e nel 2015 tornano, dopo otto anni da “Oltre”, con un’energia rinnovata e “Fertile”, come appunto suggerisce il titolo del loro ultimo lavoro (Monotreme Records). Il disco – un bellissimo vinile doppio – risente positivamente di ospiti come Ryan Patterson, Scott McCloud e del sassofonista Colin Stetson. La carica esplosiva del power trio, vicina a band come Girls Against Boys e NoMeansNo, accende il palco del Disorder con un’esibizione davvero memorabile.
QUI IL NOSTRO VIDEO DEGLI STEARICA

 

La serie di concerti del secondo giorno è inaugurata dagli Arduo, ovvero l’incontro fra la chitarra del “Guru” Marcello Giannini (Rava, Slivovitz, Cristiano Arcelli Brooks, Marco Messina Reflux) e le percussioni di Andrea De Fazio (Revenaz, Ah Um Quartet, Fitness Forever), entrambi da Napoli. Il risultato del loro incontro è un cocktail esplosivo di math-rock, jazz-core e stoner, caratterizzato da controtempi e perfetta sintonia tra i due strumenti. L’aggettivo “arduo” indica qualcosa di faticoso, eppure il power duo sembra raggiungere questo livello di energia senza troppo sforzo. Tutti questi ingredienti possiamo trovarli nel loro disco omonimo e autoprodotto.

Segue la performance mozzafiato dei Kill Your Boyfriend da Treviso, che con un calcio ci proiettano nel passato, in particolare nel post-punk anni ‘80 alla Joy Division e Suicide. Matteo Scarpa (ex Wora Wora Washington and The Transisters) e Antonio Angeli (ex Mary Goes To Vietnam) esordiscono con un ep autoprodotto, nel 2013 realizzano un disco omonimo con Nicola Manzan (Bologna Violenta) e dopo due anni di intensa attività live, incidono uno split con i New Candies e “The King is Dead”, dieci tracce con la collaborazione di Luca Giovanardi, il chitarrista dei Julie’s Haircut. Riconoscibile anche il tocco di Vittorio DeMarin dei Father Murpy, per quel pizzico di cupezza che non guasta.

Poi si cambia registro: i Sudoku Killer nascono quasi 10 anni fa e sono Antonio Raia al sax, Giacomo Ancillotto (Luz) alla chitarra, Maurizio Chiavaro alle percussioni, guidati dalla contrabbassista e compositrice Caterina Palazzi. Tra jazz e sperimentazione, tra musiche evocative da colonna sonora e psichedelia, “Infanticide” è il titolo del loro ultimo album, inteso “come perdita di un’ingenuità ludica e fanciullesca in ragione di una maturità turbolenta e spesso amara” dice Caterina. Le sue doti di scrittura e la sua capacità di unire in modo eclettico il jazz a sonorità più spinte sono apprezzate da tempo, tanto da farle vincere il Jazzit Award 2010 come miglior compositrice ed essere segnalata per molti anni consecutivi dai Top Jazz. Dal vivo il quartetto ha eseguito brani nuovi che troveremo presto nel loro prossimo disco.
QUI IL NOSTRO VIDEO DEI SUDOKU KILLER

A chiudere questa bellissima serata ci pensano gli attesissimi Zu, storica band romana jazzcore che ha condiviso i palchi con Fantomas, Melvins, Faith No More, Sonic Youth e The Ex, per non parlare delle collaborazioni con Mike Patton, FM Einheit dei Neubauten, Thurston Moore, Jim O’ Rourke, Damo Suzuki e Joe Lally. Nel 2015 al “Mombu” Luca T. Mai (sax baritono) e a Massimo Pupillo (basso elettrico) si aggiunge il batterista svedese Tomas Järmyr al posto dello storico Jacopo Battaglia. Con questa formazione esce l’Ep “Goodnight Civilization” nel 2014 e l’ultimo long play “Cortar Todo” l’anno successivo per Ipecac Recordings. Ancora più estremi, gli Zu si spingono oltre nel metal, nel grind e spesso nella cacofonia, stavolta aggiungendo anche tappeti sonori e la presenza dell’elettronica al loro progetto. Dal vivo tra i brani che più colpiscono c’è “Carbon” da Carboniferous. Tanto rumore e il pubblico in delirio per la serata del festival col maggiore afflusso.
QUI IL NOSTRO VIDEO DEGLI ZU

 

Il terzo giorno del Disorder si apre con i Flying Madonnas di Niccolò Friz, Andrea Di Stefano, Jack Serri, Mattia Frattari. Dal loro incontro scaturisce una commistione di psichedelia, math rock, noise rock e progressive. I loro brani nascono da sessioni di improvvisazione e sovrapposizioni di arrangiamenti (come hanno raccontato nell’intervista di Radio Booonzo), un flusso che ha poco a che vedere con il raziocinio. Infatti il loro ultimo disco è dedicato al Cosmo e allo sguardo che si perde nell’infinito, come a voler fuggire dai legami terrestri, in cerca della libertà assoluta. “Per Aspera Ad Astra” (Factum Est Records, 2016) è stato registrato in presa diretta col supporto tecnico di Daniele Gennaretti ed è un disco che ci sentiamo di consigliare vivamente.

Gli Electirc Kuru salgono sul palco per secondi. Ritmi incalzanti, percussioni, fiati e chitarre distorte sembrano volerci indurre in uno stato febbrile di alterazione. Infatti gli aborigeni della Nuova Guinea chiamano “kuru” una misteriosa malattia che portava tremore e brividi. Il tutto è abbastanza coerente col contenuto del loro disco “Zugunruhe” uscito quest’anno per diNotte Records e Non Piangere Dischi. Il titolo fa riferimento all’irrequietezza che colpisce molti animali migratori, in particolare gli uccelli in cattività che non possono migrare. Ancora una volta si sottolinea, quindi, il desiderio di muoversi, di dimenarsi, di liberarsi da catene fisiche e mentali.

Sulla scia degli Electric Kuru si inseriscono i Tetuan, per nulla dissonanti con quello che abbiamo appena ascoltato. Sentendoli mi tornano in mente i Follakzoid, Above the Tree (con cui condividono il batterista) e i Lay Llamas, e non è un caso. Infatti Cristiano Coini, Edoardo Grisogani, Matteo Pennesi e Luigi Monteanni hanno realizzato una split tape proprio con Nicola Giunta dei Lay. La loro musica suggerisce un viaggio nel deserto in cui sonorità del mediterraneo si mescolano con i suoni dilatati e lisergici di una psichedelia vicina alla trance music.

Gli headliner di oggi sono i Giobia, band acid/space rock da Milano. Il nome deriva da un rito propiziatorio che si celebrava nell’antichità, nell’Italia del nord. Il loro ultimo disco “Magnifier” (Sulatron) è un’esperienza psichedelica stile anni ‘70, molto diretta, che nella sua versione live muta forma più e più volte, in quanto la band si lascia andare spesso all’improvvisazione. Diversamente dalle band precedenti c’è un tocco di oscurità “sabbathiana” che trovo davvero accattivante e, rispetto ai brani ascoltati da casa, li trovo meno “garage” di quanto me li aspettavo. Dalla performance trapela una forte consapevolezza nei propri mezzi e nelle proprie capacità. In una parola: esperienza. E anche il terzo giorno del Disorder si conclude lasciandoci a bocca aperta per le molteplici emozioni e scoperte.
QUI IL NOSTRO VIDEO DEI GIOBIA

 

Inizia la serata conclusiva e sul palco sale la cantautrice romana Livia Ferri insieme con la sua band, formata da Matteo Di Francesco, Alessandro De Berti e Andrea D’Apolito. Vicino al folk di Ani di Franco, lo stile di Livia è quello di un pop d’autore in cui la melodia e la profondità dei testi vanno di pari passo. Molto belli sia Taking Care (BlackblackCalico Records, 2012) che A Path Made By Walking (Bumi & Milk, 2014), proprio nella loro diversità. Nell’ultimo sembra che Livia, con una voce più matura, abbia fatto un passo oltre, dentro se stessa. “A Path” è il risultato di un cammino di crescita, un album uscito “a tappe”, con racconti di vita vissuta che esprimono, talvolta, un presente che è una trappola, una sofferenza che ti esclude dal mondo circostante. Molto intensa “Dots”, che dal vivo si libera in una esibizione perfetta.

E’ il turno degli EPO, l’unica band del festival a cantare in italiano e nel caso della splendida cover di “Catarì” anche in napoletano. Brani a cui siamo affezionati come “Eritropoietina” da Il mattino ha l’oro in bocca (Divert, 2002) a “Perdermi” da Ogni cosa è al suo posto (Polosud Records, 2012), per poi approdare all’Ep “Serpenti” con la canzone omonima, “Mesopotamia” e “Ape Regina”. Dopo 15 anni di carriera la formazione attuale vede la presenza di Ciro Tuzzi, Michele De Finis, Jonathan Maurano, Gabriele Lazzarotti e Mauro Rosati. Il prossimo inverno uscirà il nuovo disco, interamente in napoletano, registrato da Daniele Tortora e realizzato grazie a una campagna di Musicraiser che ha avuto un successo immediato.
QUI IL NOSTRO VIDEO DEGLI EPO

A seguire ascoltiamo i Klune da Padova. Nel 2014 Alberto Pagnin, Giulio Abatangelo e Giovanni Solimeno si incontrano e in breve tempo incidono l’ep in cui troviamo Hope, brano che sancisce l’inizio di questa fortunata collaborazione. Influenzati da James Blake, Chet Faker e Bonobo, il trio mescola una voce soul ad un’elettronica raffinata e minimalista con la presenza delle “carezze” di un sassofono tenore. Il risultato è un prodotto artistico internazionale a cavallo tra pop e r&b in chiave contemporanea.

E’ arrivato il momento per l’ultima esibizione: BIRTHH, ovvero Alice Bisi, e la sua band. Per quanto giovane – ha solo 19 anni – la nostra “Alice in Failureland” ha già la maturità di una compositrice avviata che accosta testi introspettivi (piuttosto tristi) a un’elettronica “dreamy” stile Daughter, utilizzando suoni percussivi presi dalla realtà quotidiana, con molto spazio alla vocalità e il desiderio di creare un pop etereo, fruibile ma allo stesso tempo ricercato. “Born In The Woods” (wwnbb, 2016) è un’opera prima interessante e la versione live al Disorder (un vero e proprio debutto) non ha tradito le nostre aspettative.

 

I ragazzi di Macrostudio, mente e forza motrice del Disorder, vi aspettano questo inverno con Amen, stay connected!

Claudia D’Aliasi

foto: Al.Farese e C. D’Aliasi

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