E’ sabato 6 dicembre e anche oggi il cielo è clemente. Il Rainy Days procede indisturbato con Dino Fumaretto/Elia Billoni al Godot (intervistato precedentemente da Adriana Nigro qui) e a seguire Emma Tricca al Ynot, due eccellenze italiane, due stili completamente diversi. Da un lato una personalità straripante ed eccentrica, dall’altra una cantautrice folk, intima, con una immensa forza compositiva e una voce da brividi.
“Tu sei pazza”, “Venite Assassini”, “Nella Casa”, “Insonnia”, “Mente spostata”, “Buchi in città”, “Ti ricordi il mio dolore?”. A leggerli così, tutti titoli inquietanti. Eppure il live di Elia Billoni al Godot, preceduta dalla presentazione del libro di Giorgio Olmoti, è a dir poco esilarante. Ma è possibile ridere con in fondo l’amarezza? Raccontando il vero, per quanto in apparenza possa sembrare surreale? Ci riuscivano i grandi come Gaber e Jannacci, e credo che il concerto a cui assistiamo abbia qualcosa a che fare con loro. Se chiedete a Elia Billoni chi sia Dino Fumaretto non vi risponde “il mio alter-ego” ma piuttosto “l’autore delle opere che io interpreto fin dal lontano 2005”. C’è, più che uno sdoppiamento, un contratto, un rapporto lavorativo. Dino è la mente e Elia è un corpo che si muove come un pupazzo, mani che scorrono veloci e sicure sul piano, una voce che canta testi un po’ sconnessi (ma in realtà molto seri!). Il suo è un genere indefinibile, è un drammatico così marcato che diventa comico, in un misto esplosivo e coinvolgente, in motivetti che restano per giorni nel cervello. La vita artistica di Dino Fumaretto nasce nel 2002, scrivendo tanto, soprattutto “mappe”. Poi arrivano i primi dischi, Buchi e Pitocco (che definisce come “una raccolta di scarti che segna (forse) la strada da percorrere”. Nel 2010, grazie a La Famosa Etichetta Trovarobato, esce il primo vero album di Dino Fumaretto “La vita è breve e spesso rimane sotto”, registrato nell’arco di un solo giorno al Bunker Studio di Rubiera da Andrea Rovacchi. Le oltre 80 date del tour seguito all’album hanno portato la musica di Dino Fumaretto/Elia Billoni in giro per l’Italia e gli hanno permesso di vincere alcuni importanti riconoscimenti, come l’Isabella D’Este per il miglior progetto di teatro canzone, la menzione speciale alla seconda edizione delpremio “Musica da bere” e nell’agosto del 2011 ha vinto la “Targa Bigi Barbieri” per la canzone umoristica. Nel Febbario 2012 esce il nuovo album “Sono invecchiato di colpo” (con bellissima canzone omonima!). Qualche volta lo accompagna la sua band, composta da Nicola Cappelletti al basso e al violino, Samuele Bucelli alla batteria.
Bisogna assumere l’aspetto di un folle per dire la verità, ce lo insegna la storia del teatro, e Elia ha imparato la lezione.
Poi al Ynot incontriamo Emma Tricca. Che bello rivederla… e in più stavolta con “Relic”, un disco che ha dovuto attendere “ibernato” e poi remixato prima di uscire. Dopo quasi cinque anni da “Minor White”, sempre per l’etichetta Finder Keepers, è un lavoro elegante, che richiama le atmosfere anni ’60, del folk che parlava al mondo di amore e di guerra. Vashti Bunyan e Joan Baez riecheggiano nelle sue canzoni che sembrano un piccolo miracolo che sfida le regole del tempo. E se vogliamo anche citare John Fahey non è un caso. 10 tracce dominate dal fingerpicking, la prima e l’ultima chiudono il cerchio (“Golden Chimes”), poi c’è la delicatezza di “All the pretty flowers” (una canzone sull’amicizia, ma anche sull’edonismo) e brani come “Coffee time“ che dal vivo, proprio davanti a noi, le ha scaturito un bel ricordo: il nonno che alle due di notte riscaldava il caffè avanzato durante le ore diurne, conservato in una bottiglina di plastica. Ed è quell’odore di caffè che ogni tanto le torna alla mente, così come le grandi collaborazioni e le soddisfazioni. Insomma, essere incoraggiati da John Renbourn e dalla leggendaria Odetta non è una cosa da tutti! Il concerto finisce con il pubblico che si unisce in un unico e compatto coro: “A hundred miles, a hundred miles, a hundred miles, a hundred miles, you can hear the whistle blow, a hundred miles”. Sì, è “500 miles” di Peter Paul and Mary, un classico bellissimo, che ci lascia con quel pizzico di nostalgia che quasi ci conforta.
Emma Tricca – Intervista
per leggere Rainy Days (prima parte) clicca qui.
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