Valerio Cosi

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“Oṃ” sembra soffiare il sassofono soprano, moltiplicandosi e sdoppiandosi in più e più copie concentriche. Arriva alle nostre orecchie come un ronzio di cornamuse che ci ipnotizza.
Valerio Cosi ci sorprende, ci spiazza davanti alla tonalità piatta ed alienante della sua esibizione. Poche e lentissime evoluzioni ci danno l’impressione claustrofobica di essere in trappola, ma allo stesso tempo incantati come serpenti a sonagli addomesticati.
Dietro c’è molto lavoro, anche l’improvvisazione è calcolata in tutte le sue parti. Influenze free-jazz e kraut rock ma soprattutto mediterranee, desertiche, in un misto di calore e miraggi. Poi subentrano elementi minimali elettronici funzionali a rompere o a sostenere il mantra, quasi decorativi più che portanti, come le tastiere: gocce d’acqua centellinate e leggere che si disperdono prima di toccare il suolo rovente.

Gli chiedo: cosa pensi del rumore?

Ricordo che avevo quindici anni ed un mio amico venne da me con questa C60 dicendomi: “Questa band ha fatto un album per pochi, secondo me ti piacerà”. In quella C60 c’era “White Light/White Heat” dei Velvet Underground, all’epoca pensai che non ci fosse nulla di minimamente simile a quel sound e quel primo ascolto resta ancora oggi un profondo ascendente sulla mia personalità musicale in costante evoluzione. Credo che la cosa più bella e grande che l’arte possa regalarti sia quella dell’impiantare nella tua testa un piccolo seme che cresce e diventa una pianta straordinariamente bella, ho sempre cercato di ricreare questo stato delle cose nella mia musica.

Quali elementi ti spingono a sperimentare e a ricercare nuove sonorità?

La musica minimalista è ancora oggi la mia scuola di vita, nel senso che da lì ho appreso la maggior parte delle nozioni musicali che mi hanno poi aiutato ad esprimere le mie idee musicali. In realtà, sono follemente innamorato delle produzioni di Phil Spector, ascolto continuamente la mia collezione di jazz afroamericano, funk psichedelico, dischi della Sublime Frequencies… Consumo ancora oggi (a distanza di quasi 15 anni) i dischi di John Coltrane e Miles Davis. Uno dei brani più importanti che io abbia mai ascoltato è un lavoro per sax soprano e loops di Terry Riley, si chiama “Dorian Reeds”. Se tu provi ad ascoltare l’80% dei miei lavori con il sax ti renderai conto che molte idee e soluzioni musicali vengono proprio da lì e che io non ho inventato proprio un bel niente in termini di “sax+loops”.
Una sensazione che cerco di ricreare nello stadio lavorativo di un brano è quella di avvertire la mia presenza immaginaria in un posto ben preciso: quando ciò avviene, è fatta… mi sento già a buon punto. Il mio più grande tabù resta ancora oggi adottare la formula “sole-cuore-amore” nei miei brani, sento che la mia musica possa benissimo contenere queste tre cose senza parlarne affatto.

Valerio Cosi LIVE
httpa://youtu.be/hQ0PqPYvrL8

Grazie a Fabio Passantini per la registrazione e a Valerio Cosi per il mastering.
Foto di F. Passantini

La serata ha ospitato anche il collettivo napoletano Crossroads Improring.



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