Confessioni in quarantena – mese di Aprile

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Prosegue il nostro racconto della quarantena in versione podcast con musica ma anche da leggere. Un ringraziamento di cuore ai musicisti che hanno partecipato: Carlo Venezia (soundtrack), Coma Berenices, Alessandro Fiori, Paul Armfield, Nick Currie (Momus), Monique Mizrahi (Honeybird and the birdies) e Ferdinando Marraffa (Mazzaffa).
Si comincia!

Coma Berenices – Archè (tratta dal nuovo album “Archetype“)

Per quanto strano, lentamente sembriamo adattarci ai nostri piccoli spazi, a questa nuova routine, anche se quel magone resta in sottofondo e il corpo continua a mandarci segnali discontinui di ribellione. Eccolo, quel filo di mal di testa che ritorna, come un ronzio latente, il dolore alla spalla che ti afferra e poi molla la sua presa. Usciamo per un attimo, solo per pochissimi minuti. Alziamo gli occhi dal deserto che ci circonda e cerchiamo la luna con lo sguardo. Quanto è bella, come un sorriso che dall’alto ci rassicura e ci dice: passerà. Vediamo una persona ma quanto è difficile leggere le emozioni del suo volto coperto. Nelle città, belle anche senza di noi, i piccoli nuclei famigliari si raccolgono stretti intorno al proprio focolare come delle stelle luminose e sperdute nello spazio. Bisognerebbe trovare il coraggio di piangere se vogliamo farlo, di smettere di rincorrere il tempo, di rinunciare a riempire sempre i vuoti e non aver paura di sentirsi inutili. Per una volta siamo liberi dai ritmi che ci stritolano, per la prima volta stare fermi non vuol dire essere malati ma anzi, raccogliere le energie che ci serviranno per ripartire. È così che ora siamo uniti, parte di un mondo che continua a girare, portandosi dietro i sorrisi ma anche tutta la sofferenza che essi nascondono.

Alessandro Fiori – Stazione (Ibexhouse, 2020)

Una rosa rossa, Emma di Taranto

Una rosa rossa, Emma di Taranto

Se non posso viaggiare nello spazio vuol dire che viaggerò nel tempo: provo a immaginare il futuro. Lo so, c’è la fase due, ma andiamo oltre col pensiero. Qual è la prima cosa che faremo una volta davvero fuori dalla tempesta, quando potremo abbracciarci di nuovo? Quante carezze non date dobbiamo recuperare… Io credo che alcuni amici li bacerò sulle labbra e poi ho voglia di camminare scalza in un prato, fare un tuffo nel mare gelido, nuda e primitiva, ma anche rannicchiarmi, farmi piccola e leggera nel grembo di mia madre. Sì, senza il timore di sembrare infantile. Rispolveriamo nostalgici le nostre vecchie fotografie proprio in cerca di quell’abbraccio. Un’amica, ieri, mi ha mandato uno scatto in cui eravamo insieme in un museo. Che strano pensare a quelle opere, improvvisamente sole e inaccessibili. Finché non potremo tornare ad ammirarle ci sentiremo sempre, come dire, incompleti.

Io e Alessandro abbiamo festeggiato il nostro anniversario in quarantena, in pigiama, davanti alla tv e, per quanto strano, non volevamo essere altrove. Un timido brindisi, senza bisogno di dirci niente. Nel 2010, in una notte piovosa, ci conoscemmo per caso, semplicemente camminando per strada. Se quella sera non fossi uscita, o se lui avesse imboccato una strada parallela, oggi saremmo due estranei. Allora quanti amori aspettano di nascere lì fuori? Dopo questa quarantena nessuno riuscirà più trattenersi e a nascondere parole d’amore.

Paul ArmfieldYou (registrata in presa in diretta in 4 sedi durante il lockdown)

Ci sono cose che compravamo e di cui possiamo fare a meno, adesso lo sappiamo. Ma continuiamo a chiederci quali siano i beni di prima necessità. Una boccata d’aria per non impazzire può essere equivalente a un pezzo di pane? Ogni respiro per strada sembra il primo, è come rinascere ogni volta, è come essere grati alla vita all’improvviso, tutto per un piccolo virus.
Dopo sarò ancora io ma forse con più stupore, magari quel dopo è già ora. Tutto è da riscrivere sotto la spinta inarrestabile di nuove energie, eppure siamo sicuri che oltre la nostra porta il mondo, lì fuori, ci aspetterà immutato. Se rincorriamo un futuro che è la brutta copia del passato, senza che il presente ci abbia cambiati almeno un po’, non vi sembra che tutto quello che stiamo affrontando abbia meno senso? Fino a ieri era quello che facevamo a definire ciò che eravamo, e quelli che ci circondavano rappresentavano la nostra connessione con la realtà di tutti i giorni, per quanto autentica, a tratti disseminata di specchi più o meno deformanti. Abbiamo dato per scontata la presenza dell’altro, abbiamo interiorizzato così tanto il nostro bisogno di esprimerci come animali sociali, quasi drogati di socialità e di iper-connessione, che la solitudine sta aprendo un varco su nuovi sentimenti, nuove contraddizioni e nuove possibilità.

MomusWorking from home (titolo provvisorio dell’album “Vivid”, interamente dedicato all’emergenza Covid19)

La solitudine è meditazione. Molti dicono che in assenza di azione dovremmo approfittare per riflettere. Davvero è il periodo giusto per pensare? Certo, lo è sempre, ma pensiamo con i piedi incastrati nella nostra condizione attuale, isolati e spaventati. Così perdiamo la visione di insieme, dimentichiamo il riscaldamento globale, l’inquinamento, i morti nel mediterraneo, perché sembrano tutti concetti astratti, parole vuote, lontane. Tutto continua ad accadere ma passa in secondo piano perché crediamo che il lockdown sia il peggio che ci possa capitare e non che potrebbe essere invece l’occasione per fare una prova e renderci conto dei nostri limiti come parte del mondo e come esseri umani. Un nuovo modello sociale non solo è possibile, ma è urgente. Se non allunghiamo una mano per cercare di superare quella distanza di sicurezza che sembra infinita, resteremo disgregati e le distanze continueranno a dilatarsi. Le difficoltà fanno emergere l’egoismo e la diffidenza. Invece è quello che sembra impossibile a generare una scintilla. È quando si alza il vento che bisogna osare di vivere. Pensiero e creazione, immaginazione di mondi possibili, un’utopia che diventi reale e non una riflessione fine a sé stessa, non un passatempo da quarantena ma un esercizio costante, una palestra per il cervello, per il cuore e soprattutto per affinare il coraggio.

Honeybird and the birdiesPerejil (registrato da Radio Cometa Rossa @ Godot Art Bistrot nel 2013)

Testo e voce: Claudia D’Aliasi
Soundtrack e mix: Carlo Venezia (scopri qui la sua musica)
Voice recording e video: Alessandro Farese
Sigla Cometa Rossa: Halston! (ascoltali qui)
Sigla puntata: Ferdinando Marraffa



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