“La colpa non è di nessuno. Questo mi ha detto venti giorni prima che la malattia la rendesse muta”. Pausa. Così inizia l’ultimo libro di Marco Ciriello, con un pugno nello stomaco del lettore, una privazione, quella della parola, che è solo il primo passo verso la scomparsa. L’autore del “Vangelo a benzina” si è dedicato ad un romanzo breve che mi fa tornare in mente “Nell’intimità” di Hanif Kureishi, per certi versi, forse per lo stesso stile asciutto, o forse perché anche in quel libro piccino e scorrevole c’è un’assenza pronta ad esplodere…
Lo scorso venerdì 11 luglio si è svolto, a Villa Amendola, l’ultimo appuntamento di Villani: braccia rubate all’altra cultura, organizzato da Il presidio del Libro di Avellino e Hub – Network delle Culture Contemporanee col supporto dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Avellino.
Con l’aiuto di Nicola Argenziano, che media l’incontro, e di un ospite a sorpresa, ovvero l’artista Fabio Mingarelli (nome d’arte Ming) scopriamo cosa ha spinto Marco a scrivere un libro come “Per favore non dite niente”. Più che un titolo è una preghiera, la richiesta di sospensione di giudizio davanti all’indagine di un’esperienza emotiva così forte da non poter essere descritta. Eppure Marco, con le sue parole e i momenti di silenzio fra un pensiero e l’altro, sfida questa impossibilità e restituisce dignità ad una sofferenza vera, racchiusa in un libro onesto, privo di retorica, denso, delicato e duro allo stesso tempo, lo fa seguendo un monologo interiore spezzettato, lontano dalla logica e vicino al cuore.
La moglie di un allenatore sta per morire, l’uomo è solo e confuso davanti ad una realtà che è costretto ad accettare, non importa se si tratti di Cesare Prandelli o no, perché il fatto di cronaca è solo il punto di partenza per creare una nuova storia e trasformarla in letteratura. Stessa cosa fa Ming con i suoi quadri: parte da un viso realmente incontrato per poi inventare un’opera completamente sua. Il legame con la realtà è necessario come un appiglio, un terreno comune in cui lettore e scrittore giocano ad acchiapparello, dove lo scrittore nella fuga cerca di sorprendere chi lo insegue e impara a misurare il vuoto che c’è nel mondo, e anche il vuoto che li separa. Per descriverlo bisogna studiare e misurare il peso di ciò che c’era in precedenza, ed è per questo che l’unico modo per raccontare il dolore è raccontare l’amore.
Incontro con Marco Ciriello
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