C’è l’idea diffusa che la tradizione abbia a che fare solo col passato, che il racconto popolare appartenga più ai nostri nonni che ai nostri figli, che la terra, l’acqua, il grano, la vecchia ferrovia non siano niente paragonati all’oro nero… Per fortuna c’è qualcuno che si impegna attivamente nel combattere questi pregiudizi. I pensieri da portare a casa in una sorta di rito atto a liberare la fantasia rinchiusa nelle nostre teste come fossero gabbie, la fatica di Armando, nome dietro al quale si celano i tanti lavoratori, soprattutto africani, che si spaccano la schiena per pochi spiccioli, le serenate, le storie della nostra terra e tanto altro prendono vita alla Casina del Principe di Avellino, in un venerdì di luglio, per la prima rassegna concertistica dell’Accademia Kandinski.
I Makardìa sono Filomena D’Andrea, cantante, scrittrice, polistrumentista che si accompagna con fisarmonica e chitarra, Virginio Tenore, narratore dalla presenza teatrale, disegnatore, percussionista, rumorista e sceneggiatore fantasioso. Alla chitarra solista Amilcare D’Andrea dà un tocco magico al suono della band irpina. In una cornice di lucine inizia uno spettacolo che mescola il folk alla tradizione del cantastorie, ma senza restare confinato nei nostri ambiti territoriali: si parte dall’Irpinia ma si parla del mondo intero, della dignità dell’uomo e dei diritti universali, perché i confini esistono solo sulla carta geografica. Ingrediente speciale è la vicinanza al cuore, una grande sensibilità che non c’entra con il sentimentalismo, un buon auspicio che viene ribadito dal nome stesso, Makardìa: “Volesse iddio” o “Cuore mio”. L’unico modo per rivivere queste emozioni è ascoltare il disco “Occhio per occhio dentro per dentro“, un invito a rivisitare la legge del taglione a favore del contatto con l’altro, dello sguardo reciproco che abbatte le barriere, del compenetrarsi per conoscersi e per arricchirsi reciprocamente.

C.D.

Makardìa – Intervista