Legno e tabacco, montagne e nuvole. E’ questa la miscela esplosiva di Dad Horse Ottn. Armato di solo banjo tra le braccia e con le parole di salvezza scheggiate della sua voce, il predicatore sa ben dosare gli elementi per ottenere un equilibrio perfetto: musica delle radici, dal folk al country, ma senza disprezzare il gospel e il blues primitivo per ricamare il verbo di dio.
Nato in un cimitero della Germania del Sud, Ottn non si è mai sentito a proprio agio nei boschi della foresta nera, ma ha sentito il richiamo della polvere rossa dell’Oklahoma e del caldo umido del Mississippi. I suoni di riferimento sono il country di Johnny Cash e della Carter Family, il moto perpetuo e cadenzato dei gospel di Bessie Smith e lo spiritual dei Blind Boys of Alabama. Se non fosse per quella “r” fin troppo marcata per non essere di inequivocabile provenienza teutonica e questa ricerca ostinata di perfezione( dal merchandising ultra accessoriato e il set curato al dettaglio), Dad Horse sarebbe stato un perfetto suonatore di banjo, ritratto da Ben Shahn durante la depressione del 1929.
A dispetto del rigore della sua esecuzione, il concerto è un coinvolgimento continuo del pubblico, con molte pause per spiegare il significato di ogni testo: un’omelia for dummies, nel caso ci si perda nella traduzione del canto. E’ questo bisogno di salvezza e di redenzione l’assoluto protagonista della produzione di Ottn: la descrizione delle peccaminose cadute nei vizi capitali, l’aiuto dell’onnipotente per la liberazione dell’anima, ma non disprezza l’accenno a drammi personali (la morte di un genitore), o episodi tragicomici quali solo la vita di un musicista errante può contenere, come l’emblematico episodio dantesco dello smarrimento del sentiero e della retta via.
Insomma, c’è la vita di ognuno tra le corde del banjo e il ghigno ironico di quest’uomo, che sì è stato salvato, ma non disprezza la compagnia di peccatori abituali come noi.

Bianca Fenizia
foto e video: Paolo Spagnuolo

httpv://youtu.be/4-opsVTq28o