Le cinque rose di Jennifer

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JenniferJennifer non è più tanto giovane come Annibale Ruccello l’aveva pensata: calata nel nostro tempo è invecchiata. E’ stanca, come un clown che, col trucco sfatto, non riesce più a reggere il suo personaggio. Siamo ad una rappresentazione, ce lo dicono i gusci delle noccioline sparse a terra, e Jennifer ce lo ricorda all’inizio dello spettacolo, balzando fuori dall’area adibita a palco del 99 Posti di Mercogliano e avvicinandosi a noi in modo informale, in un “aside”. E’ finzione, ma ne siamo sicuri?
Permettendoci di entrare nella sua vita fatta di aneddoti, canzoni e lacrime ci fa capire cosa significa stare nella sua pelle. Passiamo una serata con lei, ci apre la porta di casa, a Napoli, invitandoci nel suo piccolo regno addobbato di rose, trucchi, parrucca, specchio, candele, una radio che le fa compagnia e un telefono che squilla ma che cela, dietro la cornetta, solo interferenze casuali. Fuori c’è il mondo, con i suoi pericoli, ma quello spazio (che sia casa o palcoscenico) è diventato una prigione da cui solo la voce del suo amato potrebbe liberarla, una voce che non sentirà più.
La scelta di Jennifer è consapevole, radicale, irreversibile, ma non risuona come una bandiera bianca, perché non è una resa: lei ha vissuto a pieno la sua condizione di travestito.
La morte rende tutti uguali e in questa uguaglianza Jennifer si sente finalmente completa. E’ dura immaginarla felice, ma questo ci chiede, mettendo in scena se stessa dagli anni ’80.
Con la produzione Ichos Zoe Teatro il regista Salvatore Mattiello affida la parte della protagonista a Giuseppe Giannelli, altamente credibile ed emozionante, e a Teresa Addeo quella di Anna, unico ospite dell’appartamento.
Questo spettacolo si pone all’interno delle tante iniziative organizzate dalla Rete per la Candelora LGBT (fra cui una mostra fotografica, la presentazione di un libro, una festa e tanto altro) costruite intorno all’evento del 2 febbraio, giorno della Juta a Montevergine, ovvero un cammino di pellegrinaggio che unisce sacro e profano, tradizione ed attualità.
Quella della Candelora è una battaglia culturale per rivendicare i diritti di lesbiche, gay, bisessuali e transessuali, in ricordo della “cacciata dei femminielli” da parte dell’abbate Tarcisio Nazzaro, perché non degni di entrare in chiesa. Ma la Mamma Schiavona, la Madonna Nera che accoglie tutti, indistintamente, è diventata più che un’icona sacra un esempio di amore e di accoglienza da seguire: in tanti scalano la montagna (anche simbolo della fatica di una lotta che non si combatte solo una volta all’anno) per trovare in cima quello che persone come me, te e Jennifer agognano, ovvero il diritto all’uguaglianza e alla felicità.


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