Le visioni del futuro che le serie tv ci forniscono, ci danno l’occasione di riflettere sul nostro presente. Ancor più se il futuro narrato è imminente e la sottile linea tra verità e post-verità diventa difficile da tracciare. Per parlare di questo tema, abbiamo scelto Mario Tirino, dottore di ricerca in Scienze della Comunicazione che si occupa di sociologia delle culture digitali e audiovisive, di mediologia della letteratura e di media theory. Insieme con Antonio Tramontana ha scritto “I riflessi di Black Mirror. Glossario su immaginari, culture e media della società digitale” ed è da qui che iniziamo la nostra chiacchierata. Black Mirror, così discussa e quasi impropriamente definita distopica, insiste sul nostro legame con le tecnologie, sui sentimenti disturbanti come la paranoia, sul crollo dell’immaginario sociale, sulla condizione post-umana (e quindi di crisi identitaria). Più che una serie tecnofobica, è una serie sulla tecnofobia, ma non solo questo. Un’altra serie che ha interessato gli studi di Mario è “The Handmaid’s tale”, serie distopica di radice letteraria, incentrata su tematiche femministe che ci scuotono.
“Le serie tv costituiscono un linguaggio globale, un insieme di mondi che ci racconta il presente, prospettive diverse, ci interrogano sul nostro essere nella società” dice Mario. In base al tempo a nostra disposizione – sempre meno – le serie ci offrono finestre sul mondo, riflessioni politiche e ci tengono compagnia con personaggi che diventano un po’ come degli amici.
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