Amore Tossico proiettato al Cinemente Indipendente

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Venerdì primo aprile, alle diciotto circa, presso l’auditorium della Camera di Commercio di Avellino, abbiamo assistito al terzo incontro di “Cinemente Indipendente – quattro film contro le dipendenze”. La rassegna di cinema, incontri e dibattiti è patrocinata dalla Camera di Commercio, dall’Asl e dall’Unità Operativa Complessa Servizio Dipendenze di Avellino, con la collaborazione del Godot Art Bistrot e del nostro progetto Cometa Rossa.

L'eroinaCome da tradizione, ogni incontro inizia con il messaggio del relatore precedente e con il benvenuto di Vittorio Grappone, psicologo e psicoterapeuta del Ser.t. di Avellino, nonché ideatore della rassegna. L’appuntamento stavolta è dedicato all’eroina e la visione di “Amore Tossico” di Claudio Caligari ha scosso il folto pubblico di avventori, lasciando numerosi interrogativi e un diffuso senso di angoscia.
Il film uscito nel 1983 propone, in modo innovativo per quegli anni, la ricostruzione fedele delle abitudini di un gruppo di tossicodipendenti della borgata romana. Con dei riferimenti Pasoliniani, la pellicola ha vinto numerosi premi ma, allo stesso tempo, ha raccolto non poche critiche a causa della sua crudezza. L’approccio neo-realista, le ravvicinate riprese degli attimi di autosomministrazione della droga, il linguaggio e le location accentuano lo squallore della storia dei protagonisti, le cui vite sono compromesse senza alcuna possibilità di salvezza. L’intento del regista, all’epoca esordiente, era quello di dipingere la tragedia della diffusione della tossicodipendenza nelle periferie, col tentativo di lanciare un forte messaggio ai giovani. La sceneggiatura è stata scritta con lo studioso Guido Blumir, sociologo presidente del Comitato Scientifico “Libertà e Droga”. Gli attori, realmente ex tossicodipendenti, frequentavano il Ser.T insieme e avevano fondato al suo interno un giornalino indipendente prima di iniziare questa avventura cinematografica. Molti di loro hanno perso la vita negli anni a seguire.

L’intervento della relatrice Grazia Zuffa, psicologa e psicoterapeuta che da anni lavora nel campo delle dipendenze, ha dato vita a un dibattito incentrato sulla cura e sul tentativo di entrare in contatto con un “pianeta parallelo” difficile da penetrare. La dottoressa dal 2006 fa parte del Comitato Scientifico sulle dipendenze presso il Ministero della Solidarietà Sociale; è stata membro del Comitato Nazionale di Bioetica nonché parlamentare per due legislature, eletta al Senato nel 1987 e nel 1992, dove si è impegnata sui temi delle droghe e del carcere, presentando svariati disegni di legge.
Grazia Zuffa ritiene che il film sia caricaturale ma allo stesso tempo capace di tratteggiare un mondo che gira unicamente intorno alla ricerca di una dose o di una forte esperienza. “Da quando nasciamo siamo dipendenti da qualcuno, i nostri genitori, e la dipendenza affettiva ci accompagna nell’arco della nostra intera vita. L’ideale da raggiungere – prosegue la dottoressa – non è l’indipendenza ma una battaglia per l’autonomia che porti in sé il riconoscimento della dipendenza e non sua la negazione”.
In quel periodo storico i dipendenti da sostanze psicotrope vivevano ai margini della società, oggi sono più integrati e il loro profilo non è monolitico, bensì sfaccettato. Un modo tutt’ora efficace per uscirne è un cambiamento radicale nello stile di vita.

La rassegna si conclude, il 27 maggio, con la visione di “Quintet” e con l’ospite Mauro Croce che ci parlerà di gambling.

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