Nato a Treviso nel 1983, Andrea Rottin è un musicista che ammiro e seguo da anni. Sa unire il lato “tradizionale” del folk con quello eclettico di un cantautorato sghembo, ricercando temi familiari (“bubo bubo”) per poi romperli e sorprenderci. Gli piacciono i dualismi, le ambivalenze, la dolcezza della chitarra acustica e l’irruenza del noise, un cantato sussurrato accostato a un approccio – oserei dire – punk e performativo che ho potuto constatare dal vivo, avendo assistito al suo live con gli Oswaldovi (Kateřina Malá e Carlo Veneziano) al Ynot di Avellino, lo scorso 19 dicembre.
La storia inizia nel 2003, quando Andrea pubblica le sue “last songs” con Giorgio Tempesta e Carlo Veneziano. Al contrario di quanto indicato dal titolo, sono le prime di una lunga avventura musicale che continua arricchendosi della sua esperienza collezionata frequentando il corso di storia, teoria e restauro del cinema (Dams cinema) a Gorizia. Dopo “songs about nightmares” si trasferisce nell’Europa dell’est e, nel frattempo, contribuisce alla raccolta Jardim Elétrico – A Tribute To Os Mutantes per la Madcap Collective, gruppo di cui fanno parte i Father Murphy e Bob Corn.
Nella Repubblica Ceca inizia a collaborare con gli Atlantic Cable e con i Dracula Farmers di Tomáš Přidal. Musica film muti, traduce, viaggia molto, suonando in club, case e rifugi anti-atomici.
Con gli Oswaldovi scrive un disco senza titolo con una copertina ogni volta diversa (le grafiche sono di Kateřina Horáčková) e sei brani che ci presentano un folk da spaghetti western, con un pizzico di psichedelia.
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