Matt Elliott

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“Non applauditemi prima del concerto, potrei fare schifo e ancora non lo sapete!”.
Così scherza Matt Elliott, appena salito sul palco. Siamo seduti per terra, su tappeti e cuscini, e dal basso osserviamo stupiti la sua altezza e il suo fisico proporzionato e rassicurante. I suoi capelli sono molto corti, le mani grandi. E’ vestito di nero, indossa una t-shirt che dice “Genuino Clandestino”, ricordo di un forum sulla libera lavorazione dei prodotti contadini svoltosi in Puglia.
Il concerto inizia con “Dust, flash and bones” e prosegue con brani come “I name this ship the tragedy” e “The pain that’s yet to come”, infilando, come una perla in una collana, anche il canto anarchico “Il Galeone”. Infine chiude trasformando in un lamento mediorientale un surf reso famoso da Quentin Tarantino.
La sua voce fa tremare, esprime uno spleen profondo e rarefatto in un’atmosfera quasi gitana, alimentata dalla sua chitarra che sembra inseguire una milonga e a tratti un sirtaki. Supportato dalla loop station si accompagna con cori, intrecciando le sue molteplici voci, e raramente con l’effetto reverse. Fischiano le sue labbra come il vento nel deserto, come un theremin. E’ uno spettacolo fuori da schemi fisici e temporali.
Radio Cometa Rossa vi dona l’opportunità di ascoltare il Live di Matt Elliott dello scorso 21 maggio e un’intervista speciale in cui ci parla di musica e anche di politica.

Matt Elliott LIVE
httpa://youtu.be/8DIgT9O_ClU
Matt Elliott – Intervista 

 




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