Ed Laurie

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Cathedral è uno di quei viaggi in cui non importa la meta ma il cammino che si percorre. Si preannuncia come un classico moderno e visionario.
Sitar e strumenti a fiato aprono l’album, si aggiungono uno spirito, una candela, un momento privo di fede, una scritta misteriosa sul muro di una chiesa e le campane che si insinuano dispettose nell’ultima canzone, la title track. Tutti questi elementi fanno pensare ad una ricerca mistica, di cui Ed Laurie non fa parola in maniera diretta.
“Incontrare gente: è questo il bello di andare in tourneé!” mi dice a microfoni spenti, mentre mi guarda come se volesse scavarmi dentro. Occhi profondi e barba folta, sembra più nordafricano che inglese, infatti è convinto che nel suo corpo scorra sangue marocchino. E’ proprio in Marocco che ha girato il video di “Albert”, opera di cui va molto fiero.”La realtà non è come sembra, niente è come ce lo aspettiamo!”, per questo gli piace “L’étranger” e ha scritto “Albert” proprio pensando a Camus.
Londra è troppo grande, è una città che racchiude un universo, perciò non sa dirmi se gli piaccia o meno.
Parliamo per ore di musica, quella degli altri: mi racconta emozionato di quando ha visto dal vivo Antony Hegarty cantare con Lou Reed, poi mi parla di uno dei suoi miti assoluti, Nick Drake, pensando alla sua “pelle sottile” e a quel modo che aveva di piegarsi sulla chitarra.
Ma quando canta in pubblico, scostando il viso dal microfono, di lato, in sè porta qualcosa di Van Morrison.
“Che immagine hai di te stesso?” gli chiedo ancora a microfoni spenti, e lui mi risponde che se fossimo davvero consapevoli dei nostri limiti, fino in fondo, probabilmente ci uccideremmo. Avere consapevolezza ti fa desistere, mentre migliorare ti fa andare avanti.
Paragona la voce ad una chitarra: se un bambino imbraccia una chitarra per la prima volta percuote le sue corde con violenza. Solo esercitandosi il bambino imparerà a dosare la forza e questo vale anche per la voce di un uomo. “La prima volta che ho ascoltato la mia voce registrata è stato un trauma: non mi piaceva per niente, ma proprio da lì ho iniziato a lavorare per renderla simile il più possibile a come l’avrei voluta.” e i risultati si sentono!
Ad accompagnare Ed Laurie c’è Andrea Polato (non solo batterista ma soprattutto amico dell’artista) che ci svela qualche piccola curiosità verso la fine dell’intervista.

Speciale – Ed Laurie 

 

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