Avella, Anfiteatro Romano – 15 settembre 2013.
Si inaugura l’edizione 2013 del Pomigliano Jazz ed è subito evento, con uno dei migliori concerti visti in Campania negli ultimi anni. Ludovico Einaudi fa tappa con il suo ultimo progetto, “In a Time Lapse”, che nell’esecuzione dal vivo supera ogni promessa, assumendo toni di una bellezza sconvolgente. Una vera sorpresa per chi si aspettava “solo” la sensibilità minimalista di un artista-compositore di talento: c’è stato molto, molto di più.
Accompagnato da un ensemble di sei musicisti (archi, corde, percussioni, elettronica e tanto altro), Einaudi non imbriglia il suono in toni sommessi, ma libera tutto il potenziale della formazione in esecuzioni coinvolgenti, spesso travolgenti. Librandosi dalle note del piano, i brani sembrano prendere corpo e vita: la ricchezza del suono si trasfigura ora in sognante delicatezza, ora in vibrante potenza, in una costruzione/progressione ciclica che a tratti ricorda le atmosfere del più raffinato rock strumentale. Ma non solo, non necessariamente: perché siamo ai confini dei generi, alle frontiere della sperimentazione, là dove le definizioni perdono di senso per lasciar posto all’emozione dell’ascolto.
Difficile persino immaginare uno scenario più adatto, con le pietre millenarie dell’Anfiteatro Romano di Avella che dialogano con la bellezza assoluta e fuori dal tempo della musica di Einaudi, effetto sottolineato dalla sobria eleganza delle luci. La serata si snoda sulle tracce dell’ultimo album, quasi senza soluzione di continuità tra un brano e l’altro: impressionante la dinamica e l’impatto di pezzi come “Time Lapse”, “Life” o “Experience”. Un percorso trascinante e inarrestabile, con le esecuzioni in solo piano a creare le premesse per il climax finale. Pubblico in piedi, trionfo di applausi.
Un concerto magnifico, ma allo stesso tempo una “lectio magistralis” sulla musica di ambiente, sulla composizione moderna, sul crossover e persino sul post-rock nella sua accezione più ampia (sono noti gli apprezzamenti di Einaudi per i Sigur Rós). Una lezione tenuta da chi ha fatto della ricerca artistica il proprio linguaggio. Grazie, Maestro. Grazie di cuore.
articolo e foto di Vincenzo Moccia
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