Il nodo del suono
s’aggruma nelle ore diurne
con lo schiocco dei palloni sull’erba,
quelli leggeri,
di tela azzurra.
I passanti reggono ombrelli asciutti
e hanno cuori pesanti.
Fanno click con le dita
cercando il punto d’ombra giusto
per poter essere ovunque e
non essere veramente.
Io ho uno sgrong
piantato in mezzo al petto,
nel punto esatto del silenzio.
La tenerezza del timpano
m’ha portato lontano,
fuori dal corso principale degli elettroni
dissoluta, come un’onda al sole.
Argìa Maina scrive poesie. “Non le sa leggere” o piuttosto non le vorrebbe leggere su un palco, o un piedistallo, col microfono e con tutti gli occhi addosso. Scrive proprio perché è questo il suo modo di esprimersi e non lo fa per stare al centro dell’attenzione. Invece, per sua “sfortuna”, c’era molta gente al Godot di Avellino lo scorso sabato 29 novembre in occasione della presentazione del suo libro, fresco di stampa. Per fortuna a sostenere l’emozione di Argia c’erano le Secretaries che, in modo magistrale, hanno eseguito alcuni brani di P.J. Harvey, tra una lettura e l’altra. Cosa c’entra la musica? La risposta è semplice: basta prendere “Il nodo del suono” tra le mani per accorgersene, ha le sembianze di una cassetta, con tanto di lato A e B e va “girata” a metà lettura. L’idea è quella di una compilation di blues, di suggestioni slegate eppure connesse fra loro, sia passate che presenti. Il nodo del suono è la prima raccolta di poesie di Argia Maina per la casa editrice indipendente ‘Round Midnight Edizioni. Come gli altri volumetti della collana “Beat” l’opera è un taccuino con anelli, tascabile, rilegato a mano. Dà proprio quell’idea di spontaneo e poco costruito che c’è dietro questi componimenti: la forma e il contenuto spesso si rassomigliano. L’autrice sembra inciampare negli eventi che le accadono, nelle visioni quotidiane, come per caso, come se fosse alla ricerca di un posto chiamato casa (ha infatti da poco affrontato un trasloco), al riparo dalle centrali elettriche, dalle piantagioni di siringhe spuntate da terra. Ma non ha uno sguardo severo, una lingua appuntita. La sua penna non lascia trapelare egocentrismo, solo un desiderio di comunicare, di rappresentare una realtà individuale che nell’altro, nel gatto che va a finire nella pancia del cortile, nel condominio che è una babilonia… cerca un feedback, uno specchio, una prova della propria esistenza. “Si sta insieme per perpetrare la spinta che non si riesce ad arrestare”. Eppure le persone sembrano comparse, presenza sfuggevoli, più sono sofferenti e più sono magiche, più sono “assenti” e più sembrano ricchi di segreti indicibili.
Ci vuole la pioggia per fermarci dalle nostre corse frenetiche, dalle nostre inquiete solitudini, per bloccare le strade della città e costringerci a parlare, magari a capirci. E allora pioggia sia.
C.D.
Argia Maina – Reading
Argia Maina – Intervista
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