One Man Act Festival (IV Edizione) – 2 maggio 2015, Castello Medievale di Itri (LT)
reportage di Claudia D’Aliasi
Per la prima volta Radio Cometa Rossa arriva a Itri, si riempie gli occhi della bellezza del piccolo borgo medievale e approda al castello che, più volte l’anno, ospita le attività dell’associazione culturale C.A.Ga. (Cineteca Atomica Garigliano). In collaborazione con la Brigadisco Records, si dà inizio alla quarta edizione del One Man Act Festival, rassegna che propone progetti solisti d’eccezione. Sulle pareti interne del castello scorrono i volti di Carmelo Bene, Klaus Kinski e Buster Keaton mentre ascoltiamo il dj set di Licio Jelly e spulciamo i banchetti dei dischi. Maria Violenza purtroppo è assente, perciò il primo a esibirsi è Maurizio Abate, incontrato con Be My Delay durante la scorsa edizione del Musica Nelle Valli. A un anno dal mistico “A Way to Nowhere” realizzato in totale isolamento, Maurizio ci propone un live diverso dalle nostre aspettative, orientato maggiormente verso una ricerca che affonda le sue radici nel folk, con arpeggi che incantano un pubblico attento e strabiliato. I brani eseguiti li troveremo nel suo prossimo lavoro, perciò non ci resta che aspettare.
Poi è il turno di Roberto Bellatalla, contrabbassista di fama internazionale, attivo dagli anni ’70 nel panorama jazzistico italiano, con innumerevoli collaborazioni alle spalle (solo per citarne alcuni, Guido Mazzon, Mario Schiano, Massimo Urbani, Gaetano Liguori, Filippo Monico ed Edoardo Ricci), si dedica in modo appassionato all’improvvisazione, senza disdegnare l’incontro tra musica, danza e teatro. La sua performance ci lascia a bocca aperta, dimostrandoci le infinite potenzialità del suo strumento, suonato e percosso in tutta la sua estensione. Accenna un tributo al classico “Summertime”, destrutturata e riscritta, usa bacchette, campanelli, fa vibrare le corde come se fossero ali di insetto.
Arriva un momento che attendevo con una certa ansia: l’esibizione di Paolo Spaccamonti, chitarrista che naviga nella sperimentazione in modo originale e avvincente. Ha collaborato con Ben Chasny (Six Organs Of Admittance) e con i Mombu per il progetto Spaccamombu, ma anche con Stefano Pilia dei Massimo Volume e con Daniele Brusaschetto. Ha incrociato nel suo cammino Damo Suzuki, Julia Kent, Fabrizio Modonese Palumbo e altri. Nella musica di Paolo si incontrano una parte minimale, con pochi elementi che si moltiplicano e si rincorrono, e una vena psichedelica che cresce e che sfocia nel noise, più dal vivo che in dischi come “Rumors“, in cui i suoni sembrano più controllati. Invece nelle mura del castello l’equilibrio si rompe per lasciare spazio alla meraviglia dell’ignoto, dell’incontenibile.
Per concludere una serata perfetta non ci resta che ascoltare Paolo Cantù, ovvero Makhno. Dai Tasaday agli Afterhours, dai Six Minute War Madness agli A short apnea fino al suo progetto solista (dal 2012), passando per preziose collaborazioni (Damo Suzuki, Mattia Coletti, Xabier Iriondo, Alessandro Calbucci a altri) Paolo è da anni una delle figure più interessanti dell’underground nostrano, portavoce del DIY convinto fino all’osso. Il concerto è un’occasione speciale per sentire dal vivo “The Third Season” secondo LP firmato Makhno, degno seguito di “Silo Thinking” con la sua dose massiccia di rumore, citazioni, basi industrial dal ritmo serrato, in una guerra aperta contro la melodia e il già esplorato. La chitarra è protagonista assoluta, come un’arma che distrugge per poter creare da zero.
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