“Paris en Libertè” approda alla Reggia di Caserta e raccoglie fino al prossimo 23 settembre più di duecento scatti di Robert Doisneau (1912-1994). Lo sguardo del fotografo, in modo sognante e leggero, afferra nell’arco di tutta la sua vita personaggi illustri del mondo dell’arte (Pablo Picasso e Alberto Giacometti), della letteratura (Gerges Simenon, Simone de Beauvoir, Marguerite Duras, Raymond Queneau), del cinema (Juliette Greco, Sabine Azéma e Orson Welles) e della moda (Christian Dior, Coco Chanel, Yves Saint-Laurent). Ma soprattutto la Parigi quotidiana: le bravate dei bambini, i pericolosi attraversamenti pedonali, i mercati di Les Halles – con i suoi macellai sporchi di sangue, il pollame natalizio e una testa innocente di vitello – una fisarmonicista e le locande, le prostitute e le ballerine del Concert Mayol, giovani bianchi e neri che insieme ballano il be-bop, la Senna, i tuffatori, i pescatori…
In qualche foto vedo un riflesso dell’autore o del suo cavalletto, non credo affatto sia casuale ma anzi volutamente moderno, come le comparse a sorpresa di Hitchcock nei suoi stessi film. Sono camei che ci invitano a guardare con attenzione i dettagli e donano quell’impressione di casualità che invece spesso è assente. Il paragone con Hitchcock si rinnova davanti ad un collage di foto di vita domestica incasellate nell’immagine più grande di un palazzo: guardarlo è come spiare nell’intimità e nella apparente normalità degli inquilini di “La finestra sul cortile”.
Apparenza ed essenza, forma e sostanza si compenetrano in molte delle foto di Doisneau. Il “Bacio davanti all’hotel De Ville” è probabilmente la sua foto più famosa, e il motivo non sta nel fatto che sia il ritratto di un attimo di autentico romanticismo (i soggetti erano in posa) ma nel fatto che Doisneau, “falso testimone”, ci restituisce l’immagine del mondo che lui vorrebbe vedere. Il realismo non è reale ma è una creazione, alterato dalla ricerca e dalla comunicazione di un desiderio di tenerezza. Una foto dona ad un bacio dignità artistica, dando spazio alla semplicità del quotidiano che diventa quasi un fotogramma hollywoodiano.
Non sono solo i titoli a voler comunicare l’intenzione della foto. Il segreto dell’ironia di Doisneau sta negli occhi dei suoi soggetti: gli sguardi dei passanti sorpresi (alcuni indignati, altri divertiti) davanti alla foto in vetrina di un lato b femminile, parlano per l’artista e raccontano molto di più di una pagina di storia. Anzi, l’autore si prende gioco della storia ritraendo statue di ufficiali invase dalla presenza dei piccioni e dei loro escrementi.
Doisneau si impossessa di Parigi, lo dice lui stesso. Fotografa i fotografi alle prese con macchinette e cavalletti a Place de la Concorde, uscendo dalla massa, distaccandosene. Non è come gli altri intenti a fotografare la città con sguardo turistico: lui deforma la tour Eiffel e i suoi clochards non sembrano mai davvero tristi. Doisneau ama Parigi a tal punto da ri-disegnarla, cancellandone le tracce di squallore e di malessere, trasformandola nella città dei sogni.
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